Non è dato all’uomo vedere il proprio volto, e l’immagine dello specchio si avvicina solo allo scopo, ma lo fallisce: in essa noi troviamo la rappresentazione appunto speculare di noi stessi, e non quella di “normale”. Accade così che la sola disponibilità di cui disponiamo per guardare in faccia noi stessi, in un dato punto della nostra esistenza, sia proprio il ritratto fotografico. E’ un problema sottile. Se non si tratta di autoritratto – che, pure, è una forma assai conflittuale di espressione – improvvise e antiche questioni di libertà e di violazione affiorano e penetrano il rapporto tra fotografo e soggetto. Esse cadono solo nei casi in cui fra essi si instauri una sorta di stato di pace, una condizione che possa togliere l’allarme, che dica che intanto la vita continua.
Roberta Valtorta.